Un film di
Bonifacio Angius
Con

Bonifacio Angius, Stefano Deffenu, Michele Manca, Riccardo Bombagi, Stefano Manca

Genere
Drammatico
Durata
80'

Un gruppo di vecchi amici decide di rivedersi e riunirsi in una casa isolata, sita in una vallata remota della Sardegna. Qui la comitiva parla, beve, fa uso di droghe e si aggirano storditi tra le stanze ormai logorate dagli anni trascorsi. Sconfitti dalla loro stessa vita, questi uomini viaggiano tra i ricordi e si rifugiano nel passato, mentre il presente non ha per loro nessuna alternativa, nessuna strada da percorrere. L'unico modo per allontanarsi e fuggire dalla disperazione in cui vivono è l'abuso di droghe varie per perdere la lucidità e sentirsi forse vivi, senza quella dilaniante angoscia che giorno dopo giorno li divora.

Angius costringe i suoi personaggi nella casa, permettendo loro di evadere solo nello spazio illusorio del flashback, e lavorando al contrario sulla costrizione: costrizione fisica, verbale, psicotropa, perfino sessuale (la splendida sequenza in cui sono presenti due donne, lì invitate da Piero ma ben presto fatte fuggire, è il paradigma perfetto delle volontà di Angius tanto come narratore quanto come costruttore di immagini, e di suspense). Non esiste possibilità di uscire da questa gabbia, se non attraverso un lungo e disossante gioco al massacro che non guardi in faccia a nessuno. Come già accaduto in passato il regista sardo utilizza il cinema per mostrare il disequilibrio, l’incapacità di ergersi contro il tempo e di farlo proprio: I giganti è un film di fantasmi, di spettri del passato che continuano a maledire il presente perché gli sfugge tra le dita, di sconfitti che preferiscono il sonno della mente all’atto riparatore, del quale non sarebbero in grado di reggere le conseguenze. In fin dei conti, come sottolinea il finale, I giganti è un film sul sogno, il sogno di una vita mai vissuta così come di un tempo scomparso, ma anche il sogno di un cinema d’altri tempi che cerca di resistere alla disperata dissoluzione dell’interazione umana. Involucri chiusi in loro stessi, i personaggi del film sono spettatori che non si sanno rapportare tra loro, e neanche con lo schermo su cui passa inesorabile la loro esistenza. (Raffaele Meale, Quinlan.it)

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