Su re
"Una Passione ambientata fra i paesaggi più aspri della Sardegna, con un Golgota di rocce aguzze che fa male solo a guardarlo e cieli, nuvole, nebbie che esaltano l'espressività fuori squadra degli attori non professionisti. La più grande storia del mondo, e la più raccontata, rivissuta come se non l'avessimo mai vista prima grazie al dialetto, alla forza di quei volti e quei corpi, a un racconto che va avanti e indietro nel tempo, con insistenze e ritorni a sottolineare il rito e il dolore che lo accompagna. Un esempio raro quanto prezioso di cinema autenticamente religioso (che non significa confessionale, anzi: 'Su Re' commuove profondamente credenti e non). In linea con la severità, produttiva e espressiva, che oggi sembra tornare alla ribalta perfino in Vaticano, e che è l'opposto della pornografia del dolore imperante in tanto pessimo cinema e tv di argomento religioso. Non era facile fare tabula rasa di un'iconografia millenaria, ma Columbu lavora su più fronti. I paesaggi, così insoliti e scabri, ma in fondo obbedienti alla logica che ha spinto per secoli i pittori a reambientare la vita di Cristo nelle loro contrade. Gli interpreti, provenienti «da zone diverse, di mare e di terra, come nei Vangeli». L'oralità, che appartiene ai suoi attori come le rughe scolpite sui loro volti e dà a ogni loro parola un'ampiezza inusitata, nello spazio e nel tempo. Ma 'Su Re' guarda anche ai Vangeli apocrifi, al cristianesimo delle origini, al profeta Isaia, secondo cui il Messia non avrebbe avuto «apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi». Ed ecco un Cristo finalmente ordinario, plebeo, senza ricatti e riscatti estetici. Mentre Giuda, con coraggiosa intuizione, è il più giovane, il più ingenuo, il più smarrito degli apostoli. E a dire lo strazio di Maria basta un'inquadatura semplicissima e geniale dei suoi piedi stanchi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero')