Un film di
Kirill Serebrennikov
Con
Teo Yoo, Irina Starshenbaum, Roman Bilyk
Genere
Biografico
Durata
126'

ASPETTANDO LA FESTA DELLA MUSICA

Leningrado, un'estate dei primi anni '80: la scena rock è in pieno fermento. Viktor Tsoï, un giovane musicista seguace dei Led Zeppelin e David Bowie, sta cercando di farsi un nome. L'incontro con il suo idolo Mike e sua moglie, la bellissima Natacha, cambierà il corso del suo destino. Insieme costruiranno la leggenda di Viktor, che lo renderà immortale. Kirill Serebrennikov racconta così gli esordi di Viktor Coj e dei Kino, la più importante rock band russa degli anni Ottanta, oggetto di un culto vastissimo, per quanto semisconosciuto fuori dall'Unione Sovietica, ed emblema di un periodo di cambiamento e di un'aria di emancipazione che soffiava più forte che mai.

"L'ultimo film di Serebrennikov è stato presentato al Festival Cannes con gran clamore, perché il suo autore, oppositore di Putin, era agli arresti domiciliari in patria, con accuse molto sospette di malversazioni di fondi. Il film però non parla del presente, bensì del crepuscolo del regime comunista, attraverso la storia vera della band degli Zoopark, guidata da Mike, e del loro incontro con un altro cantante, Viktor, che darà vita ai Kino. Sono i primi anni 80, dall'Occidente arrivano echi della new-vawe e di un pop rinnovato, mentre rock e punk paiono spegnersi. Queste rockstar in realtà vivono vite modeste, in piccoli appartamenti e alle prese con la censura (ai concerti la gente, sotto l'occhio vigile dei funzionari di partito, deve restare seduto e non può agitarsi troppo). Il film è girato in un bianco e nero lucido, da videoclip dell'epoca, alternato a momenti più realistici con macchina a mano. Quello che viene cantato (letteralmente) sullo schermo è insomma un costante anelito generazionale, in fondo frustrato, a una libertà e a una ribellione che esplodono in sogno. E una scritta ci ricorda la fine improvvisa e prematura dei due protagonisti, morti entrambi a poca distanza di tempo, tra il '90 e il '91, proprio negli ultimi mesi di vita dell'Urss. La struttura in fondo è quella della classica biografia delle rockstar, per quanto meste e, per così dire, ristrette nei limiti dell'Unione Sovietica. A dare uno scatto in più, però, è l'assunzione, seppur non esplicita, del punto di vista femminile: lo sguardo a tratti è quello di Natasha, a un certo punto divisa tra i due musicisti, e confinata a un ruolo passivo, che però permette di vedere una verità umana profonda su un mondo di maschi. E in un angolino c'è anche un occhialuto personaggio che fa da commentatore, dentro e fuori la storia: evidente autoritratto del regista, che all'epoca degli eventi era appena adolescente ma riesce a tratti a dare l'impressione delle cose viste in prima persona. (Emiliano Morreale, La Repubblica)

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