La mostra "Hollywood versus Cinecittà" mette a confronto le fotografie dei paparazzi della Roma della Dolce Vita con quelle della stampa hollywoodiana dell’America degli anni ’30. Due modi diversi di rappresentare il divismo: quello patinato e celebrativo made in USA e quello curioso e scandalistico dei paparazzi italiani nelle immagini delle attrici più note dell’epoca e delle firme più prestigiose della fotografia da rotocalco, tra cui Tazio Secchiaroli, Giuseppe Palmas e i fotografi dell’agenzia Dufoto (inedita, produzione Brescia Photo Festival).

La mostra

A cura di Renato Corsini e Margherita Magnino

A confronto due mondi che, a partire dagli anni Trenta in America e dagli anni Cinquanta in Italia, inaugurarono e svilupparono il fenomeno del divismo. Soprattutto due modi diversi di rappresentarli: quello patinato e celebrativo americano e quello indagatore e scandalistico dei paparazzi italiani.

La mostra ne propone i protagonisti dietro e davanti l’obiettivo con le immagini delle attrici più note dell’epoca e le firme più prestigiose della fotografia da rotocalco. Tazio Secchiaroli, Giuseppe Palmas e gli scatti dell’agenzia Dufoto ci raccontano gli anni della “Dolce Vita” romana in contrapposizione con le icone di quella che fu definita la “Mecca del cinema americano”. Due pianeti quasi contrari, frutto di culture e tradizioni diverse, lontane non solo geograficamente ma anche per vissuto storico. Diverso è il loro linguaggio fotografico, l’approccio comunicativo e l’impatto verso il pubblico.

L’America ci offre una diva astratta, un sogno difficilmente realizzabile, un’icona lontana dalla quotidianità, che non può essere imitata dal resto delle donne. La sua rappresentazione passa attraverso un ritratto lungamente studiato e preparato, nel quale la luce, il trucco, l’abbigliamento e il sapiente gioco delle sfuocature ci restituiscono un’atmosfera quasi magica, intrisa di favola e di mistero, capace di illusione ma non di identificazione. Non è ancora il tempo delle “pin-up” con la loro femminilità contemporanea e il loro travolgente bagaglio di sensualità disinibita ma non volgare: la star di Hollywood è una dea fuori da qualsiasi contesto, da ammirare ma non da invidiare perché irraggiungibile.

A Roma invece, Cinecittà mette in scena la nascita di un nuovo genere fotografico: il paparazzismo. Un movimento nato in Italia e destinato a rappresentare indiscutibilmente uno dei fermenti più significativi della fotografia moderna. Roma non è solo la capitale di un paese che incomincia a vivere il “boom economico”, ma è anche la fabbrica dei sogni, è l’Hollywood sul Tevere che scopre il piacere dello scoop, del piccolo scandalo da raccontare sui rotocalchi. La notte trasgressiva della borghesia che conta nella discoteca “Il Rugantino” con lo spogliarello della ballerina turca Aichè Nanà, immortalata da Tazio Secchiaroli, è una linea di confine, è lo sdoganamento dell’estetica del vojeurismo giornalistico da contrapporre al puritanesimo americano. Il fotografo lavora più per necessità che per desiderio, fa il lavoro sporco concentrandosi più sull’azione che sulla ricerca compositiva. Nell’ambito della comunicazione opera un’involontaria rivoluzione ribaltando i codici estetici della rappresentazione della Diva, decretandone la de-divinizzazione, rubando scatti privati per venderli al pubblico e stabilendo una nuova forma di collaborazione con l’editoria. A differenza dei loro colleghi d’oltreoceano, i paparazzi propongono il “servizio” senza esserne stati incaricati, inseguendolo con provocazioni e appostamenti che non sempre danno i frutti desiderati, ma che producono fotografie che parlano la stessa lingua della loro quotidianità.