01 Marzo 2020 - 0:00

L'Eden in salotto è la finestra online dedicata al cinema indipendente, e non solo, per riprende virtualmente la nostra programmazione.

L’Eden in salotto è il canale on demand del Nuovo Eden

La piattaforma del Nuovo Eden, creata a marzo 2020 per la visione in streaming di una selezione di film d’autore e d’essai, è attualmente non attiva.

Sfortunatamente, al momento nessun film è disponibile per l’acquisto. Vi aspettiamo in sala!

Informazioni

Lo streaming, una volta acquistato, ha una durata di 72 ore.
Il prezzo base per l’acquisto è di 4 euro per ogni film.

Per informazioni o chiarimenti potete scrivere a info@nuovoeden.it
Hai bisogno di aiuto per l’acquisto? Guarda la nostra breve guida

I film

BLESS THEIR LITTLE HEARTS di Billy Woodberry (Svezia 1983, 80′)

Nella Los Angeles degli anni Ottanta, Andais e Charlie Banks faticano a sbarcare il lunario. Lei lavora troppo, lui mai abbastanza, lei fa, lui ci prova, lei è sempre troppo stanca per l’amore, lui troppo intraprendente per rinunciare all’amore. Padre di tre figli, Charlie si consola con l’amante tra una puntata all’ufficio di collocamento e un lavoretto occasionale. Ma una sera Andais decide di averne abbastanza, della stanchezza, dei tradimenti e di una paga che Charlie impiega altrimenti. A pesca con gli amici per ‘arrotondare’ la giornata, Charlie comprende che è giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità ed esce di scena.
Film in versione originale con sottotitoli in italiano.

THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY di Chloé Zhao (Stati Uniti 2017, 105′)

Dopo un tragico incidente a cavallo, il giovane cowboy Brady (Brady Jandreau) vede i suoi sogni sfumare: scopre infatti che non potrà più gareggiare. Tornato a casa nella riserva indiana di Pine Ridge, South Dakota, Brady lotta per superare il trauma dell’incidente, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Nonostante il momento difficile, il ragazzo non può pensare solo a se stesso, deve infatti badare alla sorella Lilly che, affetta dalla sindrome di Asperger, non può contare sulle attenzioni del padre Wayne. L’uomo, dipendente dal gioco d’azzardo, arriverà addirittura a vendere il cavallo preferito di Brady per saldare i suoi debiti. Frustrato e oppresso dal senso di inadeguatezza, Brady si allontana dal mondo e dagli amici del rodeo e inizia a spendere la maggior parte del suo tempo con l’amico Lane (Lane Scott) anch’egli in riabilitazione intensiva dopo un incidente. La lontananza dai cavalli diventa però insopportabile e Brady torna così ad allenarsi. Ma dovrà prendere una decisione: dedicarsi alla guarigione con l’aiuto della sua famiglia e dei suoi amici, o rischiare tutto per mantenere l’unico senso di sé che abbia mai conosciuto.

DAVID LYNCH: THE ART LIFE di Jon Nguyen, Neergaard Holm, Rick Barnes (documentario, Stati Uniti, Danimarca 2016, 90′)

David Lynch ci accompagna con questo film in un intimo e personale viaggio nel tempo, raccontandoci gli anni della sua formazione artistica. Dall’infanzia nella tranquilla provincia Americana fino all’arrivo a Philadelphia, seguiamo le tappe del percorso che ha portato David Lynch a diventare uno dei più enigmatici e controversi registi del cinema contemporaneo.
Originale miscela di immagini, musica ed estratti dai suoi primi film, “David Lynch: The Art Life” illumina gli oscuri meandri del suo mondo visionario, offrendo al pubblico la possibilità di comprendere sia l’artista che l’uomo.
È lo stesso Lynch ad ammettere: “Penso che ogni volta in cui creiamo qualcosa, un dipinto così come un film, si parta sempre con tante idee, ma è quasi sempre il nostro passato che le reinventa e le trasforma. Anche se si tratta di nuove idee, il nostro passato le influenza inevitabilmente”. “David Lynch: The Art Life” ci invita a gettare uno sguardo allo studio del regista sulle colline sopra Hollywood, mentre Lynch racconta aneddoti dal proprio passato come fossero scene da un suo film. Strani personaggi emergono come ombre dalle pieghe del tempo, ma solo per scomparire ancora di nuovo, lasciando un segno indelebile sull’artista e su di noi.

NANCY di Christina Choe (Stati Uniti 2018, 87′)

Nancy ha come protagonista Andrea Riseborough , nei panni di una donna che diventa sempre più convinta di essere stata rapita da bambina. Quando incontra una coppia la cui figlia è scomparsa trent’anni prima, la realtà e la finzione cominciano a confondersi. Man mano che il loro legame si approfondisce, i dubbi ragionevoli lasciano il posto a credenze ostinate e il potere dell’emozione minaccia di superare ogni razionalità.
Sorprendente la scrittura, riconsacrata la Riseborough come reginetta del disagio contemporaneo. Nancy, senza mai tempi morti, è un gioiellino che impregna lo schermo di vera e ansiogena umanità, nel realismo malandato di esistenze incompiute.

COSA RESTA DELLA RIVOLUZIONE di Judith Davis (Francia 2018, 88′)

Angèle aveva 8 anni quando a Berlino Est ha aperto il primo McDonald’s… Da allora lotta contro quella che è la maledizione della sua generazione: essere nata “troppo tardi”. Figlia di attivisti – anche se sua madre ha abbandonato da un giorno all’altro l’impegno per trasferirsi in campagna e sua sorella ha scelto il mondo degli affari – Angèle vede solo suo padre rimanere fedele agli ideali. Arrabbiata e determinata, Angèle si applica tanto nel tentativo di cambiare il mondo quanto nel darsela a gambe dagli incontri romantici. Che cosa resta della rivoluzione? La risposta è in questa commedia brillante con un’eroina un po’ Don Chisciotte un po’ Bridget Jones che indaga l’eredità intima e politica del Sessantotto e i dilemmi di oggi, invocando per se stessa e tutti noi la necessità di un cambiamento.

GORDON & PADDY E IL MISTERO DELLE NOCCIOLE di Linda Hambäck (animazione, Svezia 2017, 85′)

Avanti con l’età, il detective Gordon sgranocchia il suo biscotto pomeridiano e pensa al momento del ritiro, dell’agognata pensione.
Per molti anni ha mantenuto la pace nel bosco, proteggendo gli altri piccoli animali dalla temuta volpe.
Il fortuito incontro con Paddy, un sagace topolino, sembra spianare a Gordon la strada della pensione:
Paddy sarà il suo degno successore!
Quando tutto sembra sistemato, due cuccioli spariscono nel nulla e gli altri animali piombano nel panico: sarà stata la temuta volpe?

LETIZIA BATTAGLIA – SHOOTING THE MAFIA di Kim Longinotto ( Irlanda 2019, 97′)

Un ritratto personale e intimo su Letizia Battaglia, fotografa palermitana e fotoreporter per il quotidiano L’Ora. Una vita vissuta senza schemi: dalla fotografia di strada, per documentare i morti di mafia, all’impegno in politica, Letizia Battaglia è stata una figura fondamentale nella Palermo e nell’Italia tra gli anni Settanta e Novanta. Intrecciando interviste e testimonianze d’archivio, Kim Longinotto racconta la vita di un’artista passionale e coraggiosa, mostrando non solo un’esistenza straordinaria e anticonformista, ma anche uno spaccato di storia italiana. In cerca di una libertà che passa per il sogno di una Sicilia sciolta dalle catene della mafia.

LA GOMERA – L’ISOLA DEI FISCHI di Corneliu Porumboiu ( Romania, Francia, Germania, 2019, 97′)

Noir poliziesco dalla marcata vena sarcastica, il film prende il nome all’isola vulcanica delle Canarie, location del film, un luogo fuori dal mondo in cui, in un carcere di massima sicurezza, è detenuto un pericoloso gangster. In tale luogo mistico si ritrova il poliziotto corrotto Cristi, che decide di accettare un incarico losco per liberare il criminale e recuperare così un’ingente somma di denaro (trenta milioni di euro), tale da garantirgli una nuova vita. Ma l’incarico vede protagonisti una donna bellissima e il singolare compito di imparare una sorta di linguaggio in codice composto da fischi – il silbo – necessario a coordinare l’operazione senza essere intercettati. Ma l’amore, come spesso accade, metterà i bastoni fra le ruote e – fra numerosi colpi di scena – la storia prenderà una piega inaspettata.

THE BRA – IL REGGIPETTO di Veit Helmer (Germania, Azerbaidzhan, 2018, 97′)

Un treno merci passa attraverso i grandi prati sotto le montagne del Caucaso. Nella cabina Nurlan, il macchinista, guida il treno lungo il percorso che passa attraverso un angusto quartiere di Baku, dove il tracciato dei binari è così vicino alle case da corrispondere esattamente alla strada che separa tra loro i modesti edifici. La vita del quartiere si svolge sui binari: gli uomini bevono il tè seduti ai tavolini posti sulle rotaie, le donne stendono i panni su fili sospesi sopra il tracciato ferroviario. Quando il treno passa, gli abitanti si alzano, raccolgono frettolosamente i loro oggetti, scappano nelle case e tutto ciò che resta viene intercettato dalla carrozza guidata da Nurlan. Lui, a fine giornata, raccoglie gli oggetti rimasti attaccati al treno e li riporta ai loro legittimi proprietari: lenzuola, palloni, piume di pollo. L’ultimo giorno di lavoro, in procinto di andare in pensione, trova attaccato al tergicristalli un oggetto inusuale: un reggiseno. Nurlan lo mette nella sua valigia e lo porta nel villaggio di campagna in cui vive. Nei giorni a seguire, pensare alla donna che ha perso quel reggiseno gli toglie il sonno. La grande solitudine in cui vive lo spinge infine a mettersi alla ricerca della sua proprietaria: una ricerca che si rivelerà difficile, buffa, commovente, e che per lui finirà per coincidere con la ricerca dell’amore e dell’appartenenza.

L’INGREDIENTE SEGRETO di Gjorce Stavreski (Macedonia 2018, 104′)

Skopje, Macedonia. Con l’economia in recessione e lo stipendio in ritardo di mesi Vele, un meccanico che lavora in un deposito ferroviario, lotta ogni giorno per poter comprare le medicine al padre malato. Quando casualmente trova in un vagone un pacchetto di marijuana, clandestinamente contrabbandata e nascosta su un treno in arrivo, lo ruba per fare una torta a suo padre, sperando di alleviarne i dolori e spacciandogliela come un nuovo trattamento sperimentale. Ben presto la voce sui miracolosi poteri curativi di Vele si diffonde e lui all’improvviso si trova messo alle strette da una strana coppia di gangster un po’ imbranati, alla ricerca della droga, e dai petulanti vicini che fanno la coda fuori dal suo appartamento per reclamare la ricetta della torta “dei miracoli”.
Film in lingua originale con sottotitoli in italiano.

MARIE CURIE di Marie Noelle ( Polonia, Germania, Francia, 2017, 95′)

Scienziata di fama internazionale e femminista ante litteram. Donna geniale e appassionata amante. Il biopic di Marie Noëlle racconta gli anni più turbolenti della vita di Marie Curie, tra il 1903, quando è a Stoccolma insieme al marito Pierre Curie per il premio Nobel assegnato loro per le ricerche sulla radioattività, e il 1911, quando riceve il suo secondo premio Nobel, per la chimica. Tra i due riconoscimenti, la tragica morte del marito e la relazione col fisico Paul Langevin, che le varrà il giudizio scandalizzato del mondo scientifico. Sfidando il maschilismo dell’ambiente accademico francese, Marie Curie sancirà definitivamente il suo grandioso valore di donna e di scienziata.

LA BELLE ÉPOQUE di Nicolas Bedos (Francia 2019, 110′)

Daniel Auteuil è Victor, un uomo all’antica che odia il presente digitale. Quando un eccentrico imprenditore, grazie all’uso di scenografie cinematografiche, comparse e un po’ di trucchi di scena, gli propone di rivivere il giorno più bello della sua vita, Victor non ha dubbi. Sceglie di tornare a Lione il 16 maggio del 1974: il giorno in cui ha incontrato la donna della sua vita. Una sceneggiatura da Oscar per un cast all-star, da Fanny Ardant a Pierre Arditi, da Guillaume Canet alla rivelazione di Cannes 2019 Doria Tillier. Una regia elegante e un ritmo sorprendente, capace di far ridere ed emozionare il pubblico di ogni età.

IL SEGRETO DELLA MINIERA di Hanna Antonina Wojcik-Slak (Slovenia, Bosnia-Herzegovina, 2017, 100′)

Aljia è un minatore bosniaco che vive ormai da molti anni in Slovenia dopo che è stato obbligato, ancora bambino, a lasciare la sua terra per l’incombere della guerra. Gli viene assegnato l’incarico di visitare una miniera abbandonata per stilare un rapporto che la dichiari totalmente vuota e quindi pronta per una chiusura definitiva. Al suo interno scoprirà invece una macabra sorpresa.
Hanna Slack racconta per immagini la storia vera del minatore bosniaco-sloveno Mehmedalija Alic, che nel 2007, nelle viscere della miniera di Huda Jama, scoprì quattromila cadaveri di profughi di guerra uccisi alla fine della Seconda Guerra Mondiale dai vincitori. La scoperta divise la Slovenia, che ancora oggi fatica a prendere coscienza di quanto accaduto. Alic (sopravvissuto alla strage di Sebrenica del 1995, dove perirono tutti i suoi parenti maschi, perché era già emigrato in Slovenia) venne infatti emarginato subito dopo il ritrovamento, ma nel 2013 la pubblicazione della sua autobiografia “No one” riscosse un grande successo di pubblico.
Il film è disponibile sia nella versione doppiata che in versione originale con sottotitoli in italiano.

1945 di Ferenc Török (Ungheria 2017, 91′)

È il 12 agosto 1945, la seconda guerra mondiale volge al termine e trascina dietro di sé i rovinosi strascichi di un orrore ancora tutto da risolvere. Alla stazione ferroviaria di un piccolo villaggio rurale ungherese, due misteriosi stranieri vestiti di nero scendono dal treno. È il giorno delle nozze del figlio del vicario, Árpád, con una giovane contadina, Kisrózsi, e nel villaggio si percepisce una certa agitazione. All’ombra dell’occupazione delle truppe sovietiche, mentre fervono i preparativi per il matrimonio, i due uomini, due ebrei, probabilmente padre e figlio, scaricano da un vagone del treno due casse che recano l’etichetta “profumi”, le caricano su un carro e si incamminano verso il villaggio. Nel giro di poche ore tutto cambia. L’influente vicario del villaggio, István Szentes, comincia a sospettare che i due uomini possano essere gli eredi dei concittadini ebrei deportati dai nazisti e teme che questi possano essere tornati per reclamare i beni che gli abitanti della cittadina hanno acquisito illegalmente durante la guerra. La lenta e silenziosa marcia dei due sconosciuti genera in tutti gli abitanti un panico che rivela quanto la vita di ognuno di loro sia ancora drammaticamente legata alla tragedia della deportazione di cui si sono resi, più o meno direttamente, complici. Il dolente incedere dei due ebrei scandisce il tempo della storia, mentre segreti, colpe, rimorsi, violazioni e tradimenti del passato cominciano a riemergere nell’intreccio delle relazioni tra i personaggi.

LE GRAND BAL di Laetitia Carton (Francia 2018, 95′)

Ogni anno più di duemila persone, di età ed estrazione sociale diverse, si riuniscono da ogni parte d’Europa nella campagna francese per un’esperienza straordinaria: Le Grand Bal. Per 7 giorni e 8 notti ballano insieme, mentre la musica suona dal vivo, in un emozionante connubio tra tradizione e modernità. La grazia del ritmo supera ogni fatica fisica e la gioia pura della danza abbatte le barriere. Le Grand Bal è un inno senza tempo alla magia del ballo e all’armonia di anime e corpi nella diversità. Si gira, si ride, si piroetta, si piange e si canta. E la vita palpita.

ORNETTE: MADE IN AMERICA di Shirley Clarke (documentario, Stati Uniti 1985, 85′)

L’ultimo film della grande regista indipendente Shirley Clarke, che cattura l’evoluzione artistica e personale del pioniere del free jazz Ornette Coleman. Il sassofonista contralto ha vissuto almeno quattro vite artistiche: dagli umili inizi nella scena Rhythm ‘n’ Blues fino al parnaso dell’avanguardia. Coleman conobbe la regista Shirley Clarke alla fine degli anni ’60 e insieme pensarono di realizzare un film sul jazz. Il progetto, dopo un iniziale rifiuto dei produttori, verrà ripreso a distanza di vent’anni in vista dell’inaugurazione, nell’83, del Caravan of Dreams Performing Arts Center che avrebbe salutato il ritorno di Coleman nella sua città natale, Fort Worth, Texas.
Alle riprese del film parteciparono, tra gli altri, William S. Burroughs, Brion Gysin, Yoko Ono, Charlie Haden, Don Cherry, Robert Palmer, Denardo Coleman, John Rockwell e Jayne Cortez. A quasi tre anni dalla morte di Coleman, Ornette: Made in America ci consegna un ritratto unico del suo straordinario talento e della sua profonda umanità.

I AM NOT YOUR NEGRO di Raoul Peck (documentario, Stati Uniti, Francia 2016, 197′)

Nel 1979 James Baldwin, grande intellettuale e scrittore afroamericano, scrisse una lettera al suo agente descrivendo il suo nuovo progetto, Remember This House. Il libro doveva essere un resoconto rivoluzionario e personale della vita e del successivo assassinio di tre suoi intimi amici: Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King Jr. Alla sua scomparsa, nel 1987, Baldwin lasciò solo trenta pagine manoscritte. Ora, nel suo provocatorio documentario, il grande regista Raoul Peck dà voce e immagine al libro che Baldwin non ha mai finito. Il risultato è un esame accurato e radicale della questione razziale americana, grazie alle parole originali di Baldwin e al prezioso materiale d’archivio. I Am Not Your Negro è un viaggio nella storia nera che mette in relazione il passato del movimento per i diritti civili e il presente. Mettendo a confronto le vite e gli assassinii dei tre leader, Baldwin e Peck hanno prodotto un’opera che sfida la rappresentazione dell’America a cui siamo abituati.

THE CONNECTION di Shirley Clarke (Stati Uniti, 1962, 110′)

Lungometraggio d’esordio di una delle filmaker più influenti del New American Cinema, The Connection è considerato oggi una pietra miliare del cinema indipendente; eppure all’epoca ebbe vita travagliata. Acclamato al Festival di Cannes nel 1961, dove vinse il Premio della Critica, fu censurato negli Stati Uniti per linguaggio “osceno”. Tuttavia, come affermò Judith Malina, che con il Living Theatre mise in scena la pièce di Jack Gelber a Off-Broadway nel 1959, “The Connection non è uno spettacolo sulla droga, ma sul senso di angoscia e di dipendenza che appartiene a tutti”. Nell’adattamento di Shirley Clarke un gruppo di eroinomani, tra cui un quartetto di jazzisti, attendono l’arrivo del “contatto” (il pusher Cowboy) in un appartamento del Greenwich Village. Nel frattempo un regista e un cameraman tentano di girare un documentario “onesto e umano” sulla vita dei tossici, finendo per essere coinvolti nell’azione. Come dichiarano le prime sequenze del film, ciò che viene presentato al pubblico è un assemblaggio di filmati girati dall’operatore. The Connection è quindi un film nel film, una brillante opera metacinematografica nella quale la Clarke mette in discussione le nozioni stesse del cinéma-vérité riprendendo un gruppo di spostati, nel film come nella vita, a ritmo di jazz.