Lo chiamavano jeeg robot
20 Maggio 2016 - 17:00
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Enzo Ceccotti è un criminale di quart’ordine con una smodata passione per il porno e lo yogurt. Sfuggendo ai poliziotti, si immerge nel Tevere, dove entra in contatto con dei fusti contenenti un liquame radioattivo. Smaltita l’intossicazione, scoprirà di avere guadagnato una forza sovrumana, tanto da poter staccare un bancomat dal muro e portarselo a casa sotto braccio… Nel palazzone di Tor Bella Monaca dove abita, risiede, una “matta scocciata”, vittima di plurime violenze, e convinta di vivere nel manga Jeeg Robot d’Acciaio che eleggerà Enzo a suo Hiroshi, l’eroe di Jeeg Robot. Le cose però sono più complicate del previsto: mentre Roma è bersaglio di attentati terroristici, forse orchestrati dalla camorra in risposta al blocco degli appalti pubblici, Enzo deve fare i conti con la banda dello Zingaro.
Classe 1976 e dunque "nativo" della generazione che si è nutrita di fumetti e cartoni giapponesi, e soprattutto attraverso il filtro delle edizioni italiane con le loro sigle divenute oggetto di piccoli culti pop, l'autore Gabriele Mainetti ha fatto quasi tutto per il suo primo lungometraggio, anche la musica. Realizzando con originalità di sguardo una fantasia di confine tra generi e stili.(Paolo D’Agostini – La Repubblica)