Takara – la notte che ho nuotato
14 Giugno 2019 - 19:30
L’avventura, tra piccole e grandi difficoltà, di un bambino che vuole ritrovare il suo papà tra le nevi di un Giappone inedito. Tra le montagne innevate del Giappone, ogni notte, un pescatore si reca al mercato del pesce del suo paese. Una notte, il suo figlioletto di 6 anni, Takara, viene svegliato dai suoi rumori, e non riesce proprio a rimettersi a dormire. Mentre il resto della famiglia dorme, il piccolo fa un disegno per quel papà che vede così poco, e lo mette nel suo zainetto. La mattina, ancora assonnato, perde la strada per la scuola: un’occasione per vivere una piccola avventura, e forse per consegnare quel disegno.
Presentato in concorso nella sezione “Orizzonti” alla 74° Mostra del Cinema di Venezia, e successivamente al Detour – Festival del Cinema del Viaggio, il film di Damien Manivel e Kohei Igarashi è un racconto incantevole e pieno di lirismo, che parla di affetti e avventura, una favola senza tempo ambientata tra le suggestive montagne innevate del Giappone.
Il duo franco-giapponese costituito dai registi Damien Manivel e Igarashi Kohei, al loro primo lavoro insieme, costruisce un’opera molto raffinata sulla ciclicità e sulla purezza del rapporto tra un padre e un figlio. Il quotidiano “mancarsi” dei personaggi si inscrive in un arco di rimandi metaforici che richiama direttamente il tempo, l’alternanza delle ore, del giorno e della notte, delle stagioni – non a caso le sonorità di Vivaldi attraversano tutto il film. La candida odissea di questo piccolo soldatino che fino alla fine non vuole soccombere al sonno – ovvero al nemico che gli impedisce di vivere a pieno l’amore per il proprio papà – è una delle cose più tenere viste finora al Festival di Venezia. Essenziale, lirico. Un racconto che non ha bisogno di nomi o di parole. (Simona Busni, Cinematografo.it)