Dal 03 Maggio 2019 a 31 Luglio 2019

"Una, nessuna, centomila" racconta l’esperienza di 10 fotografe italiane, tra cui Kitti Bolognesi, Marcella Campagnano e Giovanna Calvenzi, che nel 1976 indagarono la relazione fra donna e fotografia, giocando con ruoli e stereotipi propri dell’immaginario femminile e ironizzando sui luoghi comuni legati al mestiere di fotografo.

La mostra

A cura del Collettivo Donne Fotoreporter

Nel 1976 il Collettivo Donne Fotoreporter, composto all’epoca da Liliana Barchiesi, Kitti Bolognesi, Giovanna Calvenzi, Marzia Malli, Laura Rizzi, Livia Sismondi e Chiara Visconti, aveva iniziato a interrogarsi sulla relazione donne e fotografia. Le componenti del Collettivo avevano storie diverse: alcune provenivano dai gruppi politici extraparlamentari, altre dall’area femminista, altre, più semplicemente, dalla professione. In occasione della loro prima mostra, nel gennaio 1978, avevano deciso di realizzare in studio una serie di ritratti nei quali ognuna di loro si metteva in scena ironizzando provocatoriamente sui luoghi comuni legati alle donne e al mestiere di fotografo: nell’opinione comune, infatti, una moglie avrebbe dovuto stare in casa e non girare il mondo, se madre occuparsi dei figli, se piccola e delicata dedicarsi a un mestiere più femminile, se bella stare dall’altra parte dell’obiettivo. Nel breve testo che accompagnava la mostra scrivevano: «Ma si sa che le donne oggi sono velleitarie: questi angusti spazi che ci vengono consentiti non sono certo i nostri e preferiamo non prenderli sul serio».
Il Collettivo si era formato quasi casualmente per realizzare insieme un audiovisivo sulla condizione femminile, con immagini ricavate dall’archivio di ognuna di noi. Audiovisivo poi portato in giro in numerose situazioni che venivano definite “militanti”. Questa coincidenza di intenti era stata lo stimolo, in sintonia con i tempi, a riunirci, a parlare, a confrontarci, superando differenze professionali a favore di un’identità di genere e di comuni obiettivi di impegno. Del Collettivo alcune di noi avevano conservato inviti alle mostre, locandine, brevi testi, altre le immagini dei successivi progetti. Alcune ricordavano questa prima breve prova pratica nella quale ci eravamo esercitate, altre lavori precedenti o successivi, nei quali erano state coinvolte anche altre compagne di strada: Marcella Campagnano, Angela Baroni, Gabriella Peyrot, Marisa Chiodo. In particolare avevamo lavorato a lungo sul tema dell’essere casalinghe (il titolo della mostra è impresentabile: “Gesti e oggetti delle casalinghe”), dividendoci i campi di indagine: il fare la spesa, la relazione tra la cucina e l’abbigliamento, le scarpe da casa e da fuori, gli elettrodomestici, i gesti del lavoro quotidiano, che erano diventati una seconda e ricca proposta espositiva che avevamo presentato – naturalmente con dibattito – in diverse città italiane.

Questo lavoro comune, il cui titolo forse era “I ruoli”, nella sua fresca ingenuità e nella sua elegante trascrizione, rimane – e ripeto: memoria soggettiva – come il simbolo di anni di lotte e di fervore mutuati tuttavia dalla capacità di non prendersi troppo sul serio e di essere invece capaci di giocare con ruoli e stereotipi mettendoci la faccia.

Giovanna Calvenzi