Condividi
Chiudi
Il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, diretta da Stefano Karadjov, rispondono all’entusiasmo di pubblico con la proroga a domenica 1 marzo 2020 della prima mostra personale in Italia dell’artista e giornalista curda Zehra Doğan (Diyarbakir, Turchia, 1989) “Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” nella cornice del Museo di Santa Giulia a Brescia.

PROROGATA FINO A DOMENICA 1 MARZO 2020 
la mostra
“Avremo anche giorni migliori. 
Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche”

Clicca qui se non visualizzi correttamente il contenuto

presentata da
Fondazione Brescia Musei
Comune di Brescia
a cura di Elettra Stamboulis

Museo di Santa Giulia, Brescia 
 
«Gli occhi dei personaggi che disegno sono più grandi del normale.Sono estremamente aperti e grandi. Perché gli occhi sono testimoni di tutto…Parlare non basta, lo so già. Sono gli occhi dei personaggi che raccontano ogni cosa»
Zehra Doğan
 
Il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, diretta da Stefano Karadjov, rispondono all’entusiasmo di pubblico con la proroga a domenica 1 marzo 2020 della prima mostra personale in Italia dell’artista e giornalista curda Zehra Doğan (Diyarbakir, Turchia, 1989) “Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” nella cornice del Museo di Santa Giulia a Brescia.
 
Aperta al pubblico dal 16 novembre 2019, la mostra ha riscontrato un grande successo durante il periodo di apertura – che ha coinciso per due settimane con la programmazione del Festival della Pace di Brescia – registrando oltre 10.000 visitatori. Proseguono anche le attività didattiche, a cura dei Servizi educativi della Fondazione, come le visite guidate per le scuole e gruppi di adulti e i laboratori per le famiglie.
 
Sabato 23 novembre 2019 Zehra Doğan è stata protagonista di un appuntamento presso il Museo di Santa Giulia, in cui ha realizzato dal vivo in presenza del pubblico il ritratto di Hevrin Khalaf, alla quale l’opera è dedicata. Hevrin Khalaf era la segretaria generale del Partito del Futuro siriano, attivista per i diritti delle donne e in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo curdo, ed è stata uccisa il 12 ottobre 2019 da alcuni uomini appartenenti alle milizie mercenarie arabe che appoggiano l’offensiva turca. Le pagine del giornale utilizzate come supporto dell’opera sono dei giorni in cui la notizia dell’uccisione è stata diffusa dai media. L’opera fa ora parte del percorso espositivo della mostra, oltre al video dedicato al racconto di quella speciale giornata.
“Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” è un progetto originale curato da Elettra Stamboulis e costituisce la prima mostra di impianto critico curatoriale dedicata all’opera della fondatrice dell’agenzia giornalistica femminista curda “Jinha”.
 
L’arte di questa artista si interseca e intreccia con la vicenda personale e, inevitabilmente, con i drammatici eventi politici della più stringente attualità. La mostra fa luce sulla sua poetica, affrontandone le tematiche e i motivi ricorrenti, evidenziandone la complessità linguistica e mostrando l’ampia gamma di supporti e tecniche utilizzate per produrre opere d’arte: oggetti inconsueti, estremamente fragili, ma di grande potenza espressiva
Il percorso espositivo riunisce circa 60 opere inedite, tra disegni, dipinti e lavori a tecnica mista, che interessano tutto il periodo della detenzione dell’artista nelle carceri di Mardin, Diyarbakir e Tarso, dove Zehra è stata rinchiusa per 2 anni, nove mesi e 22 giorni con l’accusa di propaganda terrorista per aver postato su Twitter un acquarello tratto da una fotografia scattata da un soldato turco.
Questo disegno digitale mostrava la città di Nusaybin distrutta dall’esercito nazionale nel giugno 2016 con le bandiere issate e trionfanti, e i blindati trasformati in scorpioni.  
 
Accanto alle immagini, anche brani del diario scritto durante la prigionia. Si tratta di riflessioni in cui Zehra Dogan più volte fa riferimento ad artisti che nel corso della storia hanno manifestato il proprio dissenso senza pagarne, almeno apparentemente, le conseguenze e a quegli artisti che invece si rifiutano di prendere una posizione.
La mostra dà conto della necessità irrefrenabile di produrre e raccontare non tanto la propria, quanto l’altrui condizione con l’immagine e la parola. Una prima sezione della mostra è dedicata alle macchie, forme generatesi dalla casuale sovrapposizione di materiale a un supporto scelto in quel momento come superficie creativa. A partire dalle macchie l’artista delinea un immaginario simbolico, dominato dalla figura umana sintetizzata nell’esaltazione di alcune componenti specifiche come gli occhi, le mani e gli attributi della femminilità.

La figura femminile,quale singolo individuale o corpo collettivo, costituisce la seconda sezione di questo itinerario. Attivista femminista, tra i primi giornalisti internazionali ad avere raccolto le testimonianze delle donne Yazide scampate all’ISIS, Dogan dedica alla rappresentazione della donna la parte più vasta della propria produzione.

Il corpo rientra nella rappresentazione politica con scene di guerra in cui di nuovo incorre la predominanza della presenza femminile, a sottolineare come la prima delle battaglie da vincere sia quella contro il patriarcato. Pablo Picasso, quello di “Guernica” e dell’elaborazione di un linguaggio specifico della disperazione è, nelle parole dell’artista stessa, il punto di riferimento fondamentale per definire una narrativa del dolore.
Conclude la mostra un nucleo di opere create dopo l’esperienza in carcere.
 
Zehra Doğan è stata rilasciata il 24 febbraio 2019. La sua storia di artista dissidente ha da subito raccolto l’interesse e la solidarietà del mondo dell’arte internazionale, tanto che Ai Weiwei le ha scritto una lettera personale e, lo scorso anno, Banksy le ha dedicato il più ambito dei muri di Manhattan, il Bowery Wall, con un’opera che la raffigura dietro le sbarre, mentre impugna la sua arma più potente: una matita. In tutto questo periodo, l’artista non ha mai cessato la propria attività artistica e giornalistica, realizzando opere con materiale di recupero, collaborando con le compagne detenute nella costruzione di immagini e nella realizzazione di un giornale di bordo che documentasse la loro detenzione.
L’esposizione “Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” è affiancata da un ricco programma di attività di approfondimento per il pubblico adulto, per le famiglie e le scuole, a cura dei Servizi educativi della Fondazione Brescia Musei.
 
La mostra è resa possibile grazie all’impegno del web magazine Kedistan (“Il Paese dei gatti” in turco) che ha curato il salvataggio e il trasporto delle opere di Zehra DoÄŸan dalla Turchia e che si occupa dell’archivio dell’artista e di Associazione Mirada, partner del progetto.
 

Centro Unico Prenotazioni e Informazioni
t. 030.2977833_4
santagiulia@bresciamusei.com
bresciamusei.com
 
 
 
 
 

Potrebbero interessarti