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Restaurato in 4K nel 2017 da Gaumont con il supporto di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée presso i laboratori L’Immagine Ritrovata e L’Image Retrouvée a partire dal negativo camera originale e da copie originali nitrato provenienti da Cineteca Italiana

Info

Un film di
Jean Vigo
Con
Jean Dasté, Delphin, Louis De Gonzague-Frik
Origine
Francia, 1933
Durata
47′

Zero in condotta narra la vita di alcuni studenti in un collegio, privati della libertà creativa dell’infanzia e sottomessi alle rigide regole dei sorveglianti adulti ‘Bec-de-gaz’ e ‘Pète-sec’. I sorveglianti sono a proprio agio solo all’interno del collegio, dove tutto è fissato in regole ben precise, mentre per i ragazzi la libertà è fuori. Quattro di loro, dopo essere stati puniti con uno ‘zero’ in condotta per la loro vivacità, proveranno a ribellarsi, grazie anche all’aiuto del nuovo sorvegliante Huguet, molto più vicino ai propositi giovanili che alla rigidità delle istituzioni. Il culmine dell’incomunicabilità fra adulti e ragazzi si avrà però il giorno della festa del collegio: davanti alle massime autorità sul palco, con in prima fila il governatore e il direttore del collegio, i collegiali in rivolta rovineranno la festa dei notabili, costretti a scappare e rifugiarsi al chiuso, mentre loro volteggiano finalmente liberi. Ogni scena del film sembra evocare un mondo che gli adulti non ricordano più: un volo di piume, uno scambio di cioccolata per firmare un patto, un cadavere magicamente risorto, una guerra di fagioli, una mappa per fuggire, una bandiera per sognare… Massacrato dalla censura dell’epoca, il piccolo poema sulla memoria, di ispirazione autobiografica, dell’allora ventottenne Vigo, costituisce un irriverente apologo sulla contrapposizione tra la rivolta anarchica dell’infanzia e l’ordine borghese del mondo adulto. Un film “maledetto” che ha trovato negli anni successivi numerosi seguaci e imitatori.

 

È evidentemente a Renoir che Vigo si avvicina di più anche se si è maggiormente discostato da lui nella crudezza e anche nell’amore dell’immagine. Tutti e due sono cresciuti in un’atmosfera nello stesso tempo ricca e povera, aristocratica e popolare, ma il cuore di Renoir non ha mai sanguinato. Per Jean Renoir, figlio di un pittore di genio, il problema era di non fare nulla che fosse indegno del nome che portava ed è noto che egli arrivò al cinema dopo aver rinunciato alla ceramica a suo giudizio troppo vicina alla pittura. Jean Vigo era, anche lui, figlio di un uomo celebre ma discusso, Miguel Almereyda, militante anarchico, morto in prigione in circostanze misteriose e oscure. Orfano sbattuto da un collegio all’altro sotto falso nome, Jean Vigo ha talmente sofferto che la sua opera risulta necessariamente più urtante. […] Miguel Almereyda sposerà Emily Clero, giovane militante anarchica, che da una prima unione libera avrà cinque figli tutti morti in giovane età, uno di questi cadendo da una finestra. Nel 1905 essi metteranno al mondo il nostro Jean, Jean che nasce per vivere duramente, Jean che, restato orfano, si ritrova solo con l’unica eredità di una divisa del bisnonno paterno, Jean Vigo infine i cui film saranno appunto l’illustrazione fedele, divertente e triste, fraterna e affettuosa, sempre acuta, di questo motto: “Proteggo il più debole”.
Questo motto ci conduce al fondamentale punto in comune tra Vigo e Renoir: la loro passione per Chaplin. Le storie del cinema fanno poco caso alla cronologia dei film e alle influenze che i diversi cineasti hanno potuto esercitare gli uni sugli altri e mi è perciò impossibile dimostrare l’ipotesi, di cui però sono sempre stato convinto, che la costruzione di Zéro de conduite, la sua ripartizione con sottotitoli che commentano spassosamente la vita nel dormitorio, nel refettorio ecc., fosse molto influenzata da Tire au flanc (1928) di Renoir, direttamente ispirato a sua volta da Chaplin e più precisamente da Shoulder Arms (Charlot soldato, 1918). E ugualmente, come non pensare che ricorrendo a Michel Simon per L’Atalante Vigo avesse in mente la prova da lui fornita con Renoir in Boudu sauvé des eaux (1932) l’anno precedente?

(François Truffaut, I film della mia vita, Marsilio, Venezia 2003)

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